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TitreDiscorso sopra l’eccellenza dell’opere d’Andrea del Sarto, pittore fiorentino
AuteursBocchi, Francesco
Date de rédaction1567
Date de publication originale1989
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, p. 126

Ma perché nell’imitare il costume degl’huomini, ancora si considera quali siano quelli che il pittore cerca di imitare, i’ dico, se e’ siano i migliori o i peggiori, non è questa considerazione da esser lasciata indietro. Hora perché noi dichiamo il costume esser quella vivezza d’animo che nel volto si vede, la quale ci scuopre di che qualità egli sia, o giusto, o pietoso, o prudente, o forte, o veramente il suo contrario, chiameremo per questa cagione i migliori quelli, che di disposizioni migliori, et i peggiori, che di vizii son forniti, o veramente di quelle qualità, le quali non passono sotto nome di virtù et di buona disposizione. Et tanto era stimata questa cosa che volevano i Tebani, come in Eliano si legge, anzi comandavano espressamente a’ pittori et agli scultori che facessero le loro figure che solamente i migliori imitassero, et a coloro gravissima pena imponevano che a così fatta legge, i peggiori imitando, avessero contrafatto. Ha imitato Andrea i migliori con rarissime maniere, come si vede oltre a quello, che la cosa stessa richiedeva nella tavola della Disputa detta di sopra in quel Sant’Agostino, il quale dimostra un certo ardore nel volto congiunto con religione per voler provar le sue ragioni, che meglio desiderar non si potrebbe.

Dans :Polygnote, Dionysos et Pauson : portraits pires, semblables, meilleurs(Lien)

, p. 127

Onde quei pittori che sono forniti a pieno di questa intelligenza non possono ancora le lor figure recare col dipignere in quella maraviglia, che sono l’altre perfettamente condotte ; sì come noi leggiamo di Timante pittore de’ suoi tempi rarissimo, il quale volendo dipignere quando Ifigenia aveva ad esser sacrificata, et avendo di già dipinto Calchante sacerdote con volto mesto et Ajace et Menelao mestissimi per il dispiacere dell’infelice caso della fanciulla, non si confidando che l’arte, o veramente il suo ingegno nel dimostrar maggior dolore in Agamennone potesse far prova, gli coperse il capo, lasciando nel giudizio di ciascuno una imaginazione di eccesso dolore.

Dans :Timanthe, Le Sacrifice d’Iphigénie et Le Cyclope (Lien)

, p. 125-126

Tiene il disegno il primo luogo nella pittura, et a quella parte corrisponde, che ha nella poesia la favola, che è da Aristotele presa la principal parte tra le sei che la constituiscono. Et perché queste due arti hanno questa simiglianza, anzi intorno ad una medesima cose si ragiungano, che è l’imitazione, ragionevolmente collocheremo noi il costume nel secondo luogo dopo il disegno nella pittura, che dal medesimo filosofo dopo la favola nella poesia è stato per ordine collocato. […] Hora se egli è vero, che il fine è di gran lunga più nobile che le cose di maraviglia degne et che ci arrechino diletto, et nessuna negl’animi nostri maggiormente genera l’ammirazione et il piacere, come il vedere le figure quasi vive col costume, direi sicuramente, se di necessità il disegno nella pittura non si richiedesse, che non a lui il primo luogo, ma al costume dar si dovesse. Perché nel veder le pitture (come scrive Aristotele nella Poetica) imparando noi oltre al piacere, da qual parte meglio che dal costume possiamo far questo ? Di poi sì come l’azioni nella poesia alla favola s’attribuiscono, così nella pittura al disegno, le quali per non si mostrar più che in un modo dipingendo, non arrecano agl’occhi nostri quel gran piacere, come elle fanno nella poesia per la loro diversità et variazione, il che in questa non avviene. Onde il disegno per corrispondere alla favola non ha quelle forze nella pittura, che ha ella nella poesia, ma per conservargli il suo luogo et il principale particolarmente, dichiamo, che e’se gli dee per questa cagione, che quantunque il costume rechi le pitture alla maggior perfezione, nondimeno se ne trovano alcune che non l’hanno in sé in alcun modo et son cognosciute et apprezzate come le migliori. Et avviene del costume il medesimo che avverrebbe d’un bellissimo ornamento, che fusse posto in una casa fabricata con artificio et con buona architettura, dove quell’ornamento opera che la casa, la quale era prima bella, diventi maravigliosa ; ma tolto egli via, non toglie a quella alcuna cosa se non una certa chiarezza che la illuminava et la faceva riguardevole sopra l’altre. Trovansi delle pitture senza il costume che sono naturali et quasi vive, le quali passano non solamente per buone, ma di più per eccellenti ; et Aristotele dice che nessuna delle pitture di Zeusi haveva il costume, il quale era pur stimato de’ primi del suo tempo et de’ migliori.

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